Codice: RUSCONI5 |
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Libro Autore:Dent Edward J. Titolo:Il teatro di Mozart A cura di Paolo Isotta Traduzione dall'inglese di Luigi Ferrari Seconda Edizione Ottobre 1981 Titolo orginale dell'opera Mozart's operas Editore originale Oxford University Press Pagine:382 Editore:Rusconi
Mozart lasciò Parigi nel settembre 1778 e fece ritorno a casa transitando per Mannheim, come aveva fatto all'andata. L'attrattiva di Mannheim era costituita, senza dubbio, dalla famiglia Weber; Mozart era stato preso da violento amore per Aloysia, la figlia maggiore, e sperava che fosse giunto il momento di farla sua sposa. Ma era una Mannheim profondamente cambiata quella in cui egli si ritrovò nel 1778; la corte elettorale era stata trasferita a Monaco, e con essa se n'erano partiti la maggior parte dei musicisti e degli attori, compresi i Weber. Egli trovò un pretesto per recarsi a Monaco nel gennaio 1779 e si presentò ad Aloysia con la più bella tra le Arie che aveva scritto per lei, «Popoli di Tessaglia»; ma l'atteggiamento di lei nei suoi confronti era cambiato: egli non le interessava più. Accettò comunque la composizione e rimase in seguito in relazione con lui per ragioni musicali.
Fu dunque un Mozart profondamente amareggiato quello che ritornò ad assumere l'incarico di organista della cattedrale di Salisburgo. Egli odiava l'arcivescovo, odiava in generale i salisburghesi, e riusciva a trar piacere solo dalla compagnia del padre e della sorella, sebbene possiamo essere sicuri che Leopold, nonostante tutto l'affetto, mettesse spesso alla prova i suoi nervi. L'occasione di scrivere un'Opera Seria sembrava più lontana che mai. L'unico elemento di rottura della monotona vita a Salisburgo fu l'arrivo della compagnia teatrale di Schikaneder, che rappresentò «Thamos, König in Agypten», di Gebler. Mozart riprese la musica che aveva scritto per Gebler nel 1773, e la rimaneggiò con qualche aggiunta. L'interesse principale che per noi il «Thamos» presenta è il suo legame con Die Zauberflöte, e riserveremo più avanti un capitolo alla storia dell'amicizia di Mozart con Schikaneder e del suo interesse per i misteri egiziani. «Thamos» non fu un successo. È evidente che Mozart ne apprezzava la musica, poiché ne fa di nuovo menzione in una lettera al padre da Vienna nel 1783: «Mi spiace molto di non poter utilizzare la musica del 'Thamos'. L'opera ha una cattiva reputazione dopo il suo insuccesso e non è più stata rappresentata dopo di allora. Occorrerebbe eseguirla per amore della musica, ma è assai poco probabile: è un vero peccato».
Un altro lavoro drammatico cui dobbiamo riservare un ulteriore capitolo è un'Opera tedesca incompiuta che sembra esser stata principiata da Mozart in vista di una rappresentazione a Salisburgo. Il libretto era del suo vecchio amico Schachtner, al quale i posteri sono debitori di molti preziosi ricordi della prima infanzia di Mozart. Il testo è per la maggior parte perduto, e neppure il titolo ne è noto. La musica venne pubblicata sotto il nome della protagonista, Zaide. Nulla si conosce delle circostanze nelle quali l'Opera fu scritta, ma poiché essa non richiede numerosi cantanti né grande orchestra, possiamo legittimamente supporre che Mozart, condotto alla disperazione dalla tetraggine della vita a Salisburgo, abbia fatto un tentativo di allestire in qualche modo una rappresentazione operistica con i mezzi modesti che poteva reperire presso i suoi amici personali. La composizione venne probabilmente interrotta dall'invito, che egli ricevette nell'estate del 1780, di scrivere un'Opera Seria destinata a Monaco. Finalmente la grande occasione per Mozart. Il libretto doveva essere scritto dall'abate Giovan Battista Varesco, cappellano dell'arcivescovo di Salisburgo, così che compositore e poeta avrebbero avuto la possibilità di lavorare insieme. Sfortunatamente, il cappellano dell'arcivescovo non aveva alcun senso del palcoscenico. Mozart, come sempre, rimandò la composizione della maggior parte dell'Opera alle ultime poche settimane di prova, e scrisse da Monaco per chiedere che alcune scene fossero modificate. Varesco si indignò alla mutilazione del suo capolavoro, e insistette affinché, se Mozart avesse operato tagli, il suo dramma apparisse integralmente almeno nell'edizione a stampa. Lo schema generale di Idomeneo, Re di Creta, scritto su modello di un libretto francese di A. Danchet, musicato da Campra nel 1712, avrebbe potuto fornire occasioni eccellenti a un poeta che conoscesse le esigenze del teatro. Varesco aveva letto senza dubbio il suo Metastasio, ma doveva averlo letto con gli occhi del predicatore, non con quelli del drammaturgo. Metastasio aveva capito meglio di ogni altro che un libretto d'Opera, anche del genere più nobile, doveva essere conciso e immediato. Varesco è verboso e sentenzioso; non sembra essersi immaginato per un solo istante gli effetti dei suoi versi messi in musica e trasportati sul palcoscenico. In aggiunta, pare che egli fosse un individuo con il quale era assai difficile e sgradevole aver a che fare. Wolfgang non fu mai direttamente a contatto con lui, ma si servì del padre come intermediario; sappiamo dalle lettere di Leopold che il reverendo abate non solo acconsentì con grande difficoltà a effettuare modifiche al suo testo, ma avrebbe voluto, per fare ciò, un compenso aggiuntivo, come uno stampatore. Poi arrivarono le difficoltà con i cantanti. Il ruolo principale era affidato al tenore Raaff, eccellente cantante ma pessimo attore; per di più, a quell'epoca aveva la bella età di sessantacinque anni. Come ci si poteva attendere, egli si degnò di beneficare Mozart con i frutti della sua lunga esperienza teatrale: ossia, di ostacolare il più possibile il giovane compositore ogni volta che il suo genio lo conducesse lungo sentieri di inconsueta originalità. Panzacchi, il secondo tenore, era un ottimo attore non sprovvisto di talento vocale; ma poiché anch'egli era un vecchio uomo di teatro, si concesse più occasioni per mettersi in mostra di quante il ruolo di semplice confidente esigesse. Ma l'intoppo più disastroso fu Dal Prato, cui era affidato il ruolo giovanile di Idamante. Il «mio molto amato castrato Dal Prato», come lo chiamava Mozart, non poteva certamente correre il rischio d'essere troppo anziano o troppo esperto, era appena un ragazzo, che non era mai salito sul palcoscenico. La sua voce era ancora poco educata, o per nulla educata, ed egli non aveva intelligenza né per la musica né per qualsiasi altra cosa. Sembra che Mozart abbia speso infinita pazienza per tentare di educarlo, e dalle sue lettere sappiamo che preferiva una simile stupidità alla sufficienza degli 'intenditori'. I ruoli femminili, per fortuna, furono sostenuti da Dorothea ed Elisabeth Wendling, abili cantanti che non procurarono fastidi al compositore.
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