Codice: EUF10897C |
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Clarinetto e Pianoforte Autore:Cavallini Ernesto Titolo:Fiori Rossiniani Rarità Italiane per clarinetto Rare Italian clarinet music Revisione di Sergio Bosi e Michele Mangani Pagine:44 Editore:Eufonia
Dal Paganini del clarinetto, Ernesto Cavallini, una composizione virtuositica per clarinetto e pianoforte.
PREFAZIONE: Prendiamo un libro di storia della musica, un testo per la scuola media o un manuale specializzato, e andiamo alle pagine sull'Ottocento: il capitolo è suddiviso in due parti, una destinata al Romanticismo in Europa che ricorda i nomi di compositori quali Chopin, Schumann o Liszt, e una dedicata al Romanticismo italiano che propone una collana fatta coi nomi di Rossini, Bellini, Donizetti e Verdi. Sembra quasi, insomma, che ci si sia divisi i compiti rispetto ai generi musicali e mentre in Europa il Romanticismo si esterna prevalentemente nel genere strumentale, in Italia agiscono i più grandi operisti del secolo e sembra quasi che il genere strumentale venga dimenticato. A guardar bene, già nel secondo Settecento compositori come Vivaldi, Viotti o Boccherini si erano trasferiti all'estero a causa della preponderanza nel nostro Paese della musica d'opera, fatta non solo dai 'soliti noti' (Galoppi o Cimarosa, Mercadante o Mayr) ma anche dalle 'seconde linee' (chi esegue più le pagine pur degne e professionali di Paer, Pacini, Pavesi o Zingarelli?). Una preponderanza che aveva orientato le abitudini e i gusti di un pubblico che aveva perso poco a poco il piacere di ascoltare o eseguire la musica strumentale per piccoli o grandi organici. Ma è possibile che nell'Ottocento un 'vuoto pneumatico' sia seguito alla grande ricchezza settecentesca di compositori e strumentisti? Per dare una risposta a questa domanda inquietante si è intrapresa un'attenta ricerca nelle biblioteche, ed è stato come quando in campagna si solleva un masso all'apparenza immobile e si scopre un inatteso brulichio di vite che senza fare troppo rumore svolgono la loro importantissima funzione nell'ecosistema. Si è scoperto che l'Ottocento strumentale italiano era arricchito dallo stesso brulichio di straordinari virtuosi, artisti che si erano assunti il compito di costruire un repertorio per il loro strumento in un'epoca nella quale sembrava non esserci spazio per nessuno di loro. Tanto più strepitosa è la sorpresa in quanto coinvolge in maniera significativa non solo pianoforte o violino, ma anche quegli strumenti considerati 'collaterali' alle attività concertistiche solistiche - come flauto o clarinetto, oboe o contrabbasso - che si assumono il compito oneroso di traghettare il repertorio strumentale fino a fine secolo, fino alla 'rinascita' operata della Generazione dell'Ottanta. E per farsi ascoltare e amare, in Italia e all'estero, questi strumentisti-virtuosi utilizzano, quasi come cavallo di Troia, proprio i temi delle arie e dei cori dei melodrammi più presenti nella mente e nei cuori di tutti: con una straordinaria capacità di mediazione è coi temi variati, i capricci e le fantasie da opere celebri che essi costruiscono ponti tra generi, traghettando l'opera dal teatro alla sala da concerto, richiamando come sirene gli appassionati del bel canto a un genere strumentale ignoto, impiegandone le celebri melodie per attirare verso lidi sconosciuti coloro che non avevano mai sentito suonare un duo strumentale. Come fa il milanese Ernesto Cavallini (1807-1874), clarinettista alla Scala e all'Opera di San Pietroburgo (è proprio pensando a lui che Verdi scrisse il celebre assolo della Forza del Destino), insegnante del suo strumento a Milano e in Russia. "Paganini del clarinetto" venne definito, e come Paganini, affianca nel suo catalogo studi, capricci e pezzi caratteristici, e proprio quelle Fantasie e quelle Variazioni da opere popolari (Sonnambula o Forza del destino, Don Pasquale o Linda di Chamounix, Norma o Faust) e meno famose (L'africana o Roberto il diavolo) che mettono in gioco, insieme, musicalità e virtuosismo, abilità e conoscenza profonda della musica e del proprio strumento. In questo modo sono pensati i "Fiori rossiniani", dove il virtuoso milanese utilizza pagine di un autore come Rossini le cui opere, pur concepite per la generazione precedente a quella dei grandi romantici, non erano mai uscite del tutto dal repertorio e le cui pagine più celebri erano rimaste nel bauli dei grandi cantanti. Arie e motivi celebri come quelli dal Guglielmo Tell o dal Barbiere di Siviglia che, anche se pur frammentarissimi e a volte appena riconoscibili, formano (in orchestra o, come in questo caso, nel pianoforte) la trama su cui poi si può dispiegare il funambolico virtuosismo del solista. Riminscenze vere e proprie, senza alcuna volontà didascalica o di vuoto esibizionismo, per costruire un gioco nel quale l'autore ammicca alle conoscenze 'operistiche' dell'ascoltatore per trascinarlo a poco a poco in un mondo fatto non più di parole ma di suoni, elaborati con grande maestria con l'obbiettivo, insieme, di dilettare e affascinare.
Maria Chiara Mazzi
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Prezzo: € 16,50
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