La musica araba nell'ambiente, nella storia e le sue basi tecniche
Pietro Righini
Collana di Studi Musicali n.20
Edizioni:Zanibon

Quando parliamo degli usi e dei costumi di altri popoli non dobbiamo dimenticare che è come se entrassimo in casa d’altri: bisogna farlo con tutto il riguardo e il rispetto possibile e per quanto ora ci interessa, vale a dire «del modo di fare e di intendere la musica», dobbiamo evitare di portare con noi la presunzione che il nostro mondo musicale sia per sua natura, o per grazia divina, il miglioe dei mondi possibili.
Le diversità d’ambiente, di storia, di cultura da cui è dipesa la formazione musicale di un popolo e da cui dipendono i suoi accostamenti attivi e passivi alla musica, non consentono presunzioni di superiorità da parte di nessuno, in una logica di reciprocità che riguardano tanto noi (europei) quanto gli altri. Legati a queste essenzialità fondamentali sono anche i supporti tecnici e le metodologie teoriche necessarie per fare la musica: ossia i sistemi per la formazione delle scale, i modi, i generi, le regole della composizione, le forme melodiche, i ritmi, l’armonia, la strumentazione, ecc. Ogni popolo si è dato il corredo tecnico e teorico a lui più congeniale, secondo la sua cultura e le sue tradizioni, in una varietà di tipologie praticamente innumerevoli. Senza entrare in questo labirinto, il quale resterebbe comunque al di fuori dei limiti del nostro studio, possiamo però fare una distinzione molto importante fra noi e gli arabi
prendendo atto che è solo nell’ambito del sistema musicale occidentale che è possibile unire alla melodia il contributo dell’armonia, cosa che nel sistema arabo e nella maggior parte dei sistemi modali è tecnicamente impraticabile, così come lo era nell’antico sistema greco la cui eredità fu, come vedremo, raccolta e fatta propria dai primi grandi teorici islamici.
Non si deve credere che il far musica senza l’uso dell’armonia, secondo ciò che intendiamo nel dominio musicale europeo, possa equivalere a un declassamento di rango musicale, poiché basta uscire un po’ da casa nostra per accorgersi che questo non è vero.

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